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Sant’Ignazio di Loyola e gli esercizi spirituali

Introduzione

Sant'Ignazio di Loyola“Non c’é rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione”. Questa è la sostanza del discorso che il Santo Padre Giovanni Paolo II tenne ai partecipanti della 18ª Assemblea della Federazione Italiana degli Esercizi Spirituali (FIES) il 19 febbraio 1996.

Sempre in quel discorso il Papa disse: “Tra gli altri (metodi di ES) non posso non ricordare quello di S.Ignazio di Lojola, che il mio predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, ha indicato come il “paradigma meraviglioso e magistrale” (cfr. Discorso alla Prima assemblea Nazionale FIES, 29 dicembre 1965) e che, come ha scritto il Papa Pio XI nell’Enciclica Mens Nostra, “si affermò e impose…. quale il più sapiente e universale codice di governo spirituale delle anime, quale sorgente inesauribile della pietà più profonda a un tempo e più solida, quale stimolo irresistibile e guida sicurissima alla conversione e alla più alta spiritualità e perfezione”” (AAS,XXI [1929], 703).

Il magistero della Chiesa dal 1548, anno della approvazione degli esercizi ignaziani (da ora ES) da parte di Paolo III, fino ad oggi è intervenuto più di seicento volte per elogiare e raccomandare questo metodo. Questa continuità segnala gli ES come un mezzo universale e forte in grado di far trovare a chiunque la propria spiritualità e di riportare tutti alla sorgente del Vangelo.

Una schiera di santi ha attinto alla spiritualità degli ES ignaziani: vescovi come s.Carlo Borromeo e s.Francesco di Sales; apostoli come s.Vincenzo de’ Paoli, il francescano s.Leonardo da Porto Maurizio, s.Giovanni Bosco, s.Giuseppe Cafasso, il Venerabile Pio Bruno Lanteri precursore del movimento cattolico, s.Teresa d’Avila e s.Teresina ecc. Questo indica che gli ultimi quattro secoli della chiesa sono stati profondamente segnati da questo piccolo libro che Ignazio scrisse nella grotta di Manresa dopo una intera notte di veglia passata a pregare la Madre di Gesù.

Contenuto

Gli ES sono divisi in quattro settimane per la durata dunque di un mese. Ignazio “dettava” gli ES per un mese anche ad una sola persona: è successo così con s.Francesco Saverio.

La prima settimana è incentrata sul peccato. L’uomo è creato per unirsi a Dio nella gioia eterna ma questa salvezza è ostacolata dall’uomo con atti contrari alla legge di Dio e quindi al Suo amore. Il peccato degli Angeli, il peccato originale dei progenitori e quello dell’uomo di sempre hanno distrutto le relazioni fondametali dell’essere umano con Dio, con gli altri uomini, con la natura e con sé stesso (cf. Esortazione Apostolica Reconciliatio et Paenitentia di Giovanni Paolo II, 2 dicembre 1984). E’ un’offesa a Dio e perciò radicale alienazione dell’uomo. Oggi è più che mai necessaria la catechesi sul peccato, in quanto l’uomo non ne riconosce più il senso e crede in un’autosalvezza senza l’aiuto di Dio. S.Paolo fece esperienza del peccato e raccontò così la sua lotta interiore: “Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (Rom 7,14-17). Ignazio ci conduce allora ad esaminare la nostra vita e attraverso una purificazione dal male ci fa giungere ad una nuova tappa che è necessaria perchè il male non ha l’ultima parola nella nostra vita ma è stato sconfitto dal bene.

La seconda settimana è incentrata sulla conoscenza della Persona di Cristo. Dopo aver meditato il “disordine” del peccato Ignazio ci mostra l’ “Ordine”. Nella disperazione ecco la speranza: Gesù Cristo. “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12). I verbi chiave di Ignazio sono conoscere, amare e seguire. “…Conoscere intimamente in che modo il Figlio di Dio si è fatto uomoper me, affinché lo ami con più ardore e quindi lo segua con più fedelta” (ES 104). Per me: é centrale in Ignazio questa sottolineatura. Conoscere intimamente Colui che si è fatto uomo per me. Amarlo con ardore e con tutto me stesso. Seguirlo, perchè se lui ha dato tutto, consumandosi sulla croce, anch’io devo spendere la mia vita per Lui. E’ in questa settimana che si compie un discernimento sugli stati di vita e sulla “elezione”: dove Dio mi vuole? qual’é la Sua volontà e cosa vuole che io faccia per Lui? E’ un itinerario logico per Ignazio: come si fa a non seguire un Re eterno che ha dato tutto per me e che mi chiama al suo servizio? Gesù Cristo è il Principio e il Fondamento dell’esistenza. Tutto è fatto in Lui grazie a Lui e per Lui.

La terza settimana è la settimana della Passione. Così Pietro Schiavone sj descrive l’itinerario ignaziano: “La prima settimana corrisponde alla cosìddetta vita purgativa, la seconda alla vita illuminativa, la terza e la quarta alla vita unitiva. Non basta seguire Gesù, non basta assimilarne la dottrina; è necessario lasciarsi “conquistare” (Fil 3,12) da Lui, lasciarsi “avvincere” dallo Spirito (At 20,22), per consentire il processo di identificazione che porta a vivere totalmente “per Dio, in Cristo Gesù” (Rm 6,11)…[...]. E’ il mecum del Regno che deve essere evidenziato e vissuto fino in fondo: “Chi vuol venirecon me, deve lavorare con me perché, seguendomi nella sofferenza, mi segua anche nella gloria” (ES 95)” (S.Ignazio di Lojola, Esercizi Spirituali, a cura di Pietro Schiavone sj., ed. s.Paolo, Cinisello Balsamo 1996 10° ed.).
La contemplazione della croce è contemplazione dell’amore di Dio che mostra il suo vero volto di Padre sacrificando il Figlio Unigenito: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

La quarta settimana è l’unione con il Cristo glorioso. La terza e la quarta sono indissolubilmente unite. Non possono sussistere l’una senza l’altra. La contemplazione della Resurrezione è il punto d’arrivo dell’itinerario ignaziano. Infatti il santo spagnolo ci indica di chiedere la grazia di “rallegrarmi e godere intensamente per la grande gloria e gioia di Cristo nostro Signore” (ES 221). L’ultima contemplazione, suggello degli ES, è quella per ottenere l’amore di Dio. L’amore, dice Ignazio seguendo la Sacra Scrittura, si mostra più dai fatti che dalle parole; è dare più che ricevere. L’amore è il fine di tutto ed Ignazio, che usa poco questa parola per non sprecarla, vuole farci comprendere quale grande amore Dio ha per ciascuno di noi. Dio ci ama in maniera infinita personalmente, come se fossimo gli unici ad esistere sulla terra: questa è la scoperta a cui vuole farci pervenire s.Ignazio.

Metodo in cinque giorni

Il mese ignaziano è impegnativo. Soprattutto oggi con il tipo di vita che viene condotta dalla maggior parte delle persone. Un Padre gesuita di questo secolo, Francesco da Paola Vallet, riuscì genialmente a condensare l’essenziale degli esercizi in cinque giorni. Quattro settimane racchiuse in un tale periodo di tempo. Per tutti, quindi, sono diventati accessibili. Indispensabili sono il silenzio e un luogo adatto alla contemplazione per restare in preghiera con il Signore. Gli ES sono fondamentalmente una scuola di preghiera: si sono contati più di dieci metodi di preghiera all’interno degli ES. Ma per pregare occorre silenzio e ascolto della Parola di Dio. Inoltre non bisogna “tradire” Ignazio togliendo parti essenziali del metodo. Anche nei cinque giorni ci sono dei capisaldi come gli esercizi di purificazione della prima settimana che sfociano nel Sacramento della Confessione, l’esercizio della “considerazione della regalità di Cristo e la sua chiamata” all’inizio della seconda settimana, “i due stendardi” e l’ “elezione” entrambe sempre nella seconda settimana e il mistero centrale della nostra fede cioé Passione e Resurrezione. Eliminare queste meditazioni significa non aver compreso lo spirito di Ignazio. Certo si possono usare esempi e parole più comprensibili per l’uomo moderno ma senza cambiare la sostanza del metodo. E’ fondamentale comunque lasciare la struttura delle quattro settimane.

Conclusione

Dalla lettera di Paolo VI al Cardinale Richard Cushing in occasione della conferenza di Boston (Roma, 25 luglio 1966):

“Fra i parecchi metodi lodevoli per dare esercizi ai laici, quello basato sugli Esercizi spirituali di S.Ignazio di Lojola, fin dall’approvazione data da Paolo III nel 1548, è il più largamente usato. I direttori di ritiri, d’altronde, non devono mai cessare di approfondire l’efficacia delle ricchezze dottrinali e spirituali del testo ignaziano e di esprimere queste ricchezze secondo la teologia del C.V.II. Il ritiro non deve divenire uno studio dei documenti conciliari; il direttore deve, però, presentare i temi degli Esercizi, qualunque sia il metodo di cui si serve, in un contesto teologico familiare ai laici di oggi. Sarebbe tuttavia un errore diluire il ritiro degli esercizi con innovazioni che, per quanto buone in se stesse, riducessero l’efficacia del ritiro chiuso. Queste iniziative - come: attività di gruppo, discussioni religiose e ricerche di sociologia religiosa - hanno il loro posto nella chiesa, ma il loro posto non è il ritiro chiuso, nel quale l’anima, sola con Dio, riceve generosamente l’incontro con lui, ed è da lui meravigliosamente illuminata e fortificata”.

Don Giovanni Poggiali

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