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Crisi economica, la Bibbia aveva ragione

Pubblichiamo un articolo di Ettore Gotti Tedeschi dal settimanale Tempi del 18 marzo 2009.

Come spiegare la crisi economica a un semplice parroco di campagna, pieno di fede e impegni in opere caritatevoli, che si preoccupa, giustamente, del possibile calo del suo otto per mille in prospettiva di una crisi che ridurrebbe i redditi su cui calcolarlo? Beh, si potrebbe tentare con una parabola, magari prendendo spunto dal Vecchio Testamento, libro di Giuseppe.

Giuseppe e il FaraoneIl Faraone chiama Giuseppe e gli confida alcune preoccupazioni e sogni. Il sogno interpretato è il seguente. Il faraone ha sognato che la crescita della popolazione egiziana era stata troppo alta negli ultimi anni e sarebbe cresciuta nei prossimi. Non solo, ha anche sognato che le guerre con i paesi vicini sarebbero aumentate privando le campagne di mano d’opera da impiegare sui campi di battaglia. Così la raccolta e le scorte di cereali si sarebbero ridotte in tempi più rapidi del previsto e ci sarebbe stata una carestia. Giuseppe gli suggerisce di cercare di fare pace con i paesi vicini, evitando così spreco di uomini e di risorse, poi gli suggerisce anche di costruire meno piramidi e più case per il popolo egiziano, ma soprattutto gli suggerisce di incrementare le nascite quale stimolo alla crescita del potere e della ricchezza del suo popolo. Il faraone sogna ancora di essere aggredito da milioni di affamati. Ma questa volta, infastidito dai suggerimenti di Giuseppe, interpreta da solo il sogno, decidendo che gli affamati erano i troppi neonati che nascevano. Così decide di fare di testa sua. Decreta che per venti anni non si dovessero più fare figli e impone alle donne, ora non più gravide, un aumento della produttività nella raccolta di grano. Poi dichiara cinque guerre tutte insieme, contando di vincerle e fare così bottino da dividere con la popolazione egizia per soddisfarla materialmente nonostante la mancanza di figli e il lavoro delle donne. Ma le guerre costano, e i bambini non nati sono soldati in meno, i vecchi non servono a far guerre e a raccogliere il grano. Così per l’Egitto aumentano i costi, diminuiscono i raccolti, i soldati muoiono e se la guerra si perde si perdono anche ricchezze. E il popolo affamato e stanco comincia a preoccupare il faraone. Questi allora decide, per tener buona la sua gente, di far fabbricare una piramide per ogni famiglia egiziana e di finanziargliela con prestiti a cinquant’anni. E a sua volta fa un prestito con i popoli vicini. Ma avere la piramide di per sé non permette alle famiglie egiziane di produrre ricchezza sufficiente per pagarle. Infatti non pagano i debiti, e il faraone non paga a sua volta i debiti ai vicini. Questi, infuriati, gli fanno guerra e avendo più giovani combattenti (perché loro i figli avevano continuato a farli) la vincono. Sottomettono il popolo egiziano facendo dimettere il faraone. Il faraone a questo punto ricorda di aver male interpretato il sogno: i milioni di affamati che lo avevano aggredito non erano neonati, erano egiziani adulti, un po’ “arrabbiati”. Ma ormai è tardi, la civiltà egizia del faraone è finita. Giuseppe, a sua volta, resta di-soccupato e deluso per non essere riuscito a convincere il faraone che le interpretazioni dei sogni, come peraltro il benessere economico, la raccolta, le piramidi, i prestiti e le stesse guerre, bisogna saperli fare nel modo corretto, senza bluffare e barare, ma soprattutto che la non-nascita di figli non si surroga con le piramidi.

Bene, caro reverendo, così è andata. Circa una trentina di anni fa gli egiziani del ventesimo secolo decisero che la Terra non avrebbe più potuto sopportare i livelli di crescita della natalità registrati fino ad allora, e che se fosse andata avanti così milioni di persone sarebbero morte di fame. Questi egiziani del ventesimo secolo poi avevano molte guerre in corso, perciò molti costi. Scoprirono che se la popolazione non cresce a sufficienza, i costi fissi (delle persone che invecchiano e vanno in pensione e all’ospedale) aumentano e così aumentano le tasse. Diminuiscono i risparmi e le attività finanziarie. Insomma, si blocca la crescita economica. E una crescita economica bloccata o bassa impensierisce sempre un governo e il suo faraone-presidente: può fare meno spese, meno razzi sulla luna e meno guerricciole. 

Cercarono di far crescere la popolazione con l’immigrazione, ma questa non fu sufficiente a colmare il deficit. Allora decisero di creare una crescita rapida incrementando i consumi per compensare l’insufficiente crescita della popolazione. Trasferirono produzioni a basso costo all’estero (in Cina e India) per poi riportare le merci all’interno a costi più bassi, inventarono la net economy (che fallì subito) e poi cominciarono a vendere case a debito rischioso (mutui subprime). 

Quindi, per compensare la scarsità di risparmio generato, avendo indebitato le famiglie per consumi prima e case poi, si inventarono surrogati geniali, i derivati. Sappiamo come finisce la storia. 

Nel ventesimo secolo c’erano faraoni che sognavano catastrofi e realizzavano piani anticatastrofe che provocavano i disastri. I Giuseppe pronti a dare interpretazioni di questi sogni e suggerimenti c’erano e ci sono, ma poiché le loro considerazioni presupponevano discorsi morali, non venivano ascoltati. 

Perbacco, l’economia ha conquistato una propria autonomia morale dalle religioni, no? Appunto.

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